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Sciopero Rai, 26 maggio

Come Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Fnc Ugl, Snater e Libersind-Confsal abbiamo proclamato lo sciopero delle lavoratrici del gruppo RAI per il prossimo 26 maggio.

Insieme allo sciopero, abbiamo proclamato il blocco delle prestazioni accessorie e/o complementari (lavoro supplementare, straordinari, reperibilità, straordinario in sesta giornata), a partire dal 5 maggio 2023 sino al 31 maggio 2023 compresi. Per questo stiamo organizzando una serie di assemblee sindacali retribuite per informare tutto il personale delle ragioni e delle modalità di partecipazione allo sciopero.

Partecipa alle assemblee

martedì 23 maggio 2023
– dalle ore 10:30 alle 12:30 – Asiago, sala A
– dalle ore 15:30 alle 17:00 – Salario, mensa Salario 2

mercoledì 24 maggio 2023
– dalle ore 10:30 alle 12:00 – Saxa Rubra, piazzale antistante la mensa
– dalle ore 16:30 alle 18:00 – Saxa Rubra, piazzale antistante la mensa

mercoledì 25 maggio 2023
– dalle ore 10:30 alle 12:00 – Mazzini, sala Arazzi

Tutte le ragioni della protesta

Clicca sui titoli in basso per leggere tutte le ragioni che ci hanno portato a proclamare lo sciopero del 26 maggio

L’Azienda, pur ribadendo quanto già esposto con le famose linee guida, e preannunciando una prossima, quanto improbabile uscita del Piano Industriale completo, ha comunicato la propria impossibilità a darne dettaglio dei contenuti.
Senza il passaggio preventivo in CDA, il Piano Industriale non può essere infatti illustrato alle Parti Sociali e appare chiaro che, in questo momento con le cronache che danno l’AD in uscita, questo passaggio non avverrà a breve.
Rimane quindi un’Azienda che da almeno dieci anni e, non si sa per quanto tempo ancora, navigherà a vista senza avere certezza su dove e come approdare con tutto quello che ne consegue in termini di efficienza e tenuta complessiva.

L’attuale responsabile pro-tempore ha dettagliato un piano ambizioso, certamente ben congegnato che, nei prossimi dieci anni, dovrebbe traghettare gli immobili RAI verso il futuro. Un piano in linea con quanto già illustrato nelle linee guida, e che non ripeteremo nei dettagli. Ci limiteremo a ripetere le nostre perplessità, che racchiudono anche le ragioni per cui il nostro giudizio non può che essere sospeso anche su questo tema.

Il Piano Immobiliare che ci è stato presentato come decennale, dovrebbe quindi, essere riconfermato da ben tre consiliature. Pensare che, rimanendo così la governance, ben tre AD e CDA lo accettino senza fare modifiche o drastici cambiamenti ci appare francamente ottimistico. Le risorse per realizzare il Piano dovrebbero poi arrivare attraverso un sostanziale autofinanziamento, dato dal combinato disposto di alienazioni di Sedi non indispensabili, di risparmi di gestione e di stanziamenti di budget annuali.

Come organizzazioni sindacali abbiamo quindi sottolineato come almeno due di queste voci (i finanziamenti annuali e le alienazioni) siano fortemente aleatorie, essendo legate ai flussi di mercato e alla congiuntura: per questo, pur apprezzando la ratio del Piano, sospendiamo il giudizio sulla sua effettiva fattibilità.

Per ciò che riguarda la riscossione del Canone, l’Azienda ha confermato la propria preoccupazione per la tenuta dei conti aziendali, nel caso venisse confermata la prospettiva di toglierne la riscossione dalla bolletta elettrica. Trattandosi però di una decisione spettante alla politica, pur avendo esternato le proprie preoccupazioni al Ministero dell’Economia, ne aspetta le decisioni e le soluzioni alternative.

Come organizzazioni sindacali, attendendo ancora una risposta dal Ministro Giorgetti alla nostra richiesta d’incontro sul tema, abbiamo manifestato la nostra contrarietà a questo atteggiamento inerziale da parte dell’Azienda. Se è innegabile come la decisione spetti alla politica, l’eventuale possibilità di avanzare delle proposte alternative e/o d’emergenza può stare in capo all’Azienda, che sembrerebbe non averne fatte, con tutto quello che ne consegue.

Da un punto di vista finanziario il CFO ha dichiarato che, dei 625 milioni di debito consolidato previsti dal budget, il bilancio 2022 si chiuderà con 580 milioni di debito. Il budget 2023 prevede che il debito crescerà a 650 milioni, sperando in una diminuzione in corso d’opera. Per quanto riguarda il bilancio annuale, anche questo chiuderà con un leggero avanzo, ferma appunto restando la gravità dei debiti consolidati.

Come organizzazioni sindacali abbiamo ribadito il nostro giudizio negativo per una gestione che ha fatto aumentare il debito senza aggredirne le cause, anzi, a nostro modesto giudizio, aggravandole, visto l’utilizzo smodato e (costoso) degli appalti e delle produzioni esterne, che hanno fatto della RAI un terreno di conquista per le società di produzione esterne.

Anche in questo caso, pur illustrando gli ottimi risultati di esercizio da parte della consociata, l’Azienda non ha potuto sbilanciarsi sul futuro di RAIWAY, dato che la decisione di un eventuale alienazione totale o parziale, con conseguenti fusioni, sia tutta in capo alla politica. Le organizzazioni sindacali pur accettando l’evidenza della preminenza della politica su questo tema, hanno, però, messo in luce sia le preoccupazioni per il futuro del personale oggi in RAIWAY, sia questa sostanziale particolarità di mercato, che vede RAI pagare per la gestione dei MUX più di quanto faccia la concorrenza (Mediaset e il Gruppo CAIRO messi assieme) per lo stesso tipo di servizio. Una contraddizione che, nel caso ci fosse questa fusione, probabilmente esploderebbe, con conseguenze imprevedibili per la tenuta futura di questo segmento di mercato. Proprio per questo, nel pur nostro limitato campo di intervento, ribadiamo la necessità che il tutto resti in mano pubblica per un interesse anche di sicurezza nazionale.

Pur ribadendo la centralità di tutti i CPTV esistenti e nonostante le dettagliate argomentazioni sugli investimenti tecnologici in atto, l’Azienda non è riuscita ad andare oltre la generica riconferma dell’attuale assetto, cosa peraltro scontata vista l’assenza del Piano Industriale.

Come organizzazioni sindacali abbiamo ritenuto insufficienti le risposte sui Centri di Produzione; Napoli e Torino devono essere messe nelle condizioni di lavorare a pieno regime, avendo il coraggio di imporre questi Centri di Produzione a Star, o supposte/i tali, aldilà delle loro capricciose preferenze.

Milano deve avere certezza di quale sarà il futuro assetto del Centro, perché continuare la produzione su Mecenate, oltreché antieconomico, è addirittura degradante per chi vi lavora.

Roma non può essere ridotta alla cassa di compensazione delle produzioni esterne prese chiavi in mano, o a mera appendice produttiva che, priva di una propria progettualità pluriennale, è costretta a tappare i buchi di una programmazione imperfetta.

Anche in questo caso, complice l’assenza del Piano Industriale e del Contratto di Servizio, il tema è stato più argomentato da un punto di vista immobiliare (alienazione e/o razionalizzazione di alcune Sedi) che non da quello del futuro della loro mission.

Le Sedi Regionali che sono l’essenza stessa del Servizio Pubblico Radiotelevisivo non possono essere considerate solo un problema di carattere logistico.

Parlare della loro centralità quando non si capisce cosa l’Azienda voglia farne, privandole di un modello organizzativo alternativo a quello ormai vetusto di Buongiorno Regione, rischia di apparire un modo come un altro per tirare a campare.

Le Sedi Regionali, così come i CPTV, hanno bisogno di un progetto complessivo sul loro futuro, hanno bisogno di investimenti, hanno bisogno del turn over di personale (quello sinora fatto è largamente insufficiente), hanno bisogno di una serie di politiche che la RAI non ha voluto, o non è stata in grado di fare.

Di pari passo con i temi che toccano gli aspetti tecnico produttivi, sono mancate da parte della RAI significative risposte sulla salvaguardia e la valorizzazione delle professionalità interne di questa area.

La sfrenata proliferazione degli appalti sopra e sotto la linea, intacca in profondità la capacità ideativa, organizzativa e produttiva dell’Azienda.

La deregulation che ha caratterizzato il passaggio alle “direzioni di genere”, la ferita creata nelle redazioni dall’applicazione del “giusto contratto”, lo sfrenato ricorso alle collaborazioni precarie (che vanno risolte definitivamente), stanno minando alla radice la possibilità di RAI di competere efficacemente nella produzione di contenuti.

Non bastano certo gli annunci di future selezioni, è necessario stabilizzare la precarietà dei lavoratori atipici in ambito editoriale, bilanciando l’ingresso degli eventuali nuovi apprendisti, per poi ottimizzare le risorse nell’area editoriale, problema che di anno in anno si fa finta di non vedere.

La perdita di centralità nel panorama radiofonico, frutto di scelte che stanno allontanando sempre più RadioRai dalle nuove generazioni di ascoltatori, deve essere affrontata tempestivamente. Tutto questo in presenza di aumentate spese per collaboratori esterni (anche con primi contratti) e interventi di edilizia nel palazzo di via Asiago.

Anche la chiusura delle Onde Medie ha significato una retrocessione della Radiofonia dalla sua finalità di presidio di Servizio Pubblico oltre i confini territoriali.

In riferimento al rinnovo del CCL, l’Azienda ha comunicato di non aver stanziato risorse nel Budget 2022 e non ha saputo esplicitare in maniera dettagliata se e quanti accantonamenti sono previsti per il 2023. Ad esplicita domanda l’Azienda si è rifiutata di definire l’ammontare delle cifre che avrebbe destinato al rinnovo, il tutto in un contesto incerto che rende ancora più irresponsabile questo approccio e impossibile ad oggi ipotizzare una definizione del rinnovo del CCL nel corso del 2023. Allo stato attuale, di fatto, non è nemmeno sicuro che questi accantonamenti esistano né tantomeno che siano tali da garantire un adeguato rinnovo in termini economici.

Come organizzazioni sindacali abbiamo fortemente criticato questa posizione aziendale, che nei fatti rende impossibile un rinnovo del Contratto nei tempi previsti, con tutto quello che ne deriva in termini di perdita di potere d’acquisto dei salari e degli stipendi RAI. Un’Azienda che si “dimentica” di postare congrue risorse per il rinnovo dei contratti del personale getta una seria ipoteca sul futuro del confronto con le parti sociali.

L’Azienda, pur ribadendo la propria disponibilità ad affrontare questi temi in una ennesima commissione paritetica, non ha fatto aperture sostanziali e/o sufficienti in tema di Fine Produzione (argomento giudicato impercorribile per ragioni di costo), allargamento dello Smart-Working a profili professionali di produzione, e agli avanzamenti professionali previsti dal capitolo Code Contrattuali.

Anche di fronte alla proposta sindacale di affrontare il tema della riduzione dell’orario di lavoro, di una diversa articolazione e declinazione del concetto di conciliazione vita-lavoro in Produzione, l’Azienda non ha saputo far altro che rimandare il tutto alla discussione del rinnovo del Contratto che, per le ragioni di cui sopra, non potrà chiudersi prima del 2024.

Per queste ragioni, come organizzazioni sindacali abbiamo giudicato negativamente questo atteggiamento aziendale, che denuncia una scarsa attenzione verso tutti i settori produttivi, la cui tenuta è il fulcro centrale per la tenuta dell’intera RAI.

Su questo tema, e contraddicendo quanto affermato in passato, l’Azienda ha comunicato che, anche il bando di gara per il prossimo triennio del Servizio Mensa, non prevederà il pagamento con buono pasto. Se ne deduce che, anche per il prossimo triennio, il lavoratore RAI non si vedrà riconosciuto il Ticket, con buona pace degli impegni che la stessa RAI aveva sottoscritto su questo tema in sede di rinnovo del Contratto.

Come organizzazioni sindacali abbiamo fortemente stigmatizzato questa decisione aziendale, denunciando il tradimento degli impegni presi in sede di rinnovo del CCL, dove si era convenuto su una graduale introduzione di questo strumento che, senza minimamente intaccare il Servizio Mensa, avrebbe potuto dare ristoro anche a chi lavora in Smart-Working.

Scrivere una cosa nel contratto, e fare l’esatto contrario in sede di pianificazione delle gare di appalto, non è esattamente quello che ci si deve aspettare in tema di affidabilità delle controparti.

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