Contattaci per saperne di più o organizzare un’assemblea sindacale nella tua azienda Le nostre rivendicazioni hanno bisogno della tua forza per andare avanti. Se lavori in una telco o un call center aiutaci a far conoscere le ragioni delle lavoratrici e dei lavoratori nel territorio, online e tra le tue colleghe e i tuoi colleghi in azienda. Le rivendicazioni che come Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom abbiamo avanzato alle controparti datoriali L’attuale fase di recrudescenza di fenomeni inflattivi, legati all’aggravarsi del contesto internazionale, e considerate le tempistiche di presentazione e sviluppo del confronto della presente piattaforma, pone al centro delle rivendicazioni sindacali il tema della difesa del potere di acquisto dei salari, anche attraverso una congrua valorizzazione della vacanza contrattuale. – All’obiettivo di questa piattaforma di garantire la massima occupabilità in una fase eccezionale di trasformazione del settore e di contemporanea incidenza di crisi legate a fattori esogeni, affianchiamo la rivendicazione di aumenti coerenti con gli aumenti inflattivi reali che si stanno registrando. Al fine di garantire una reale rivalutazione dei salari la rivendicazione di aumento è fissata in 260 euro per il livello di riferimento contrattuale (5 livello); – Elemento di Garanzia Retributiva – incremento del valore reale in linea con gli aumenti inflattivi reali. La rivendicazione viene fissata in 300 euro; – EGR – NON ASSORBIBILE e da erogare comunque anche in caso di WELFARE/Fringe Benefit erogati; – Anche alla luce del particolare momento di difficoltà, legato ai fenomeni inflattivi, si richiede che nelle aziende dove non sia ancora previsto un Premio di Risultato, l’EGR debba essere erogato anche in presenza di ammortizzatori sociali; – Non assorbibilità degli aumenti contrattuali; – Valorizzazione ed estensione della contrattazione aziendale di secondo livello quale elemento di crescita economica, professionale e normativa delle lavoratrici e dei lavoratori. In particolare, attraverso il riconoscimento economico anche legato all’operatività della mansione svolta; – In virtù della imprevedibilità dell’andamento dell’inflazione registrata negli ultimi 2 anni, e tenuto conto dell’obiettivo di un recupero reale del potere di acquisto dei salari, dovranno essere previsti dei momenti di verifica innanzi ad eventuali scostamenti significativi dell’inflazione, per individuare le opportune soluzioni finalizzate al recupero della perdita del potere di acquisto; – Politiche di welfare di settore, anche attraverso modelli di bilateralità, sul modello di esperienze maturate in aziende del comparto, al fine di migliorare la conciliazione vita/lavoro ed accrescere complessivamente il livello di tutele e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto TLC. Occorre sperimentare nuove forme di organizzazione del lavoro che prevedano riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario. A riguardo si richiede di introdurre un pacchetto aggiuntivo di permessi retribuiti finalizzati al raggiungimento della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. – Generalizzare, sino alla obbligatorietà della costituzione, la formazione delle commissioni “ambiente e sicurezza” in ogni azienda, assegnando loro prerogative di verifica anche per gli appalti presenti in azienda, prevedendo, se presenti, momenti di lavoro congiunto con le omologhe commissioni delle imprese appaltatrici; – Trasformazione del 5s in effettivo livello inquadramentale con relative complete incidenze salariali; – Passaggio dal 3 al 4 livello degli operatori di Customer Care, in particolare nelle aziende in outsourcing, per chi abbia maturato almeno 36 mesi di anzianità sul 3 livello; – Restringere le casistiche dell’utilizzo della flessibilità tempestiva; – Fruizione ad ore del congedo parentale; – Limitazione al part-time involontario, attraverso la valorizzazione del consolidamento orario. Rivisitazione art.26 comma 2 in materia di maggiorazione supplementare. Introduzione di fasce orarie di lavoro ristrette e ben definite. Divieto di assunzioni al di sotto del 50% pt. – Intensificazione dello strumento del lavoro agile, quale strumento prioritario, per gestire gli impatti di eventuali trasferimenti e/o riduzione dei piani spazi, con la previsione all’art.25 di un esame congiunto per ricercare soluzioni alternative, tra cui il lavoro da remoto. – Istituzione di una commissione bilaterale permanente che riveda il modello inquadramentale, alla luce delle novità legate ai processi tecnologici/digitalizzazione che, aumentando i fenomeni di obsolescenza professionale, rendono difficoltosi piani di rioccupabilità e difesa dei perimetri. Prevedere modelli di crescita anche “orizzontale” che, a livello aziendale, valorizzino percorsi di reskilling o acquisizione di nuove competenze lavorative. Anche al fine di aggiornare la declaratoria professionale con le figure operanti sull’impiantistica di rete, al momento non incluse – Estensione erga omnes della sanità integrativa contrattuale con costo interamente a carico dell’azienda ed obbligo di iscrizione per le aziende che non hanno fondi sanitari. Istituzione di una apposita commissione contrattuale che studi, nel rispetto delle diverse esperienze maturate nel settore, forme di possibile integrazione che porti alla creazione di una “sanità di settore” che, aumentando la massa critica, garantisca la sostenibilità del modello e la sua estensione a tutti i lavoratori, in un’ottica di valorizzazione e affiancamento del Sistema Sanitario Nazionale; – Introduzione del “congedo mestruale” recependo quanto previsto dalla normativa comunitaria; – Introduzione di permessi aggiuntivi, agevolazioni turnistiche, favorire riduzioni orarie, conservazione posto di lavoro oltre i limiti previsti, per le donne e lavoratori LGBTQI vittime di violenza; – Tutela della genitorialità attraverso: il rafforzamento permessi paternità, introduzione permessi aggiuntivi, incentivazione del lavoro agile per genitori separati. Estensione paritaria dei diritti a tutela della genitorialità per il genitore LGBTQI; – BES – Bisogni Educativi speciali (es. DSA) attualizzazione dei permessi relativi. L’ultimo rinnovo contrattuale ha notevolmente inciso sulla semplificazione ed ammodernamento testuale del CCNL. Bisogna dar sempre più seguito a quanto pattuito in termini di analisi condivisa della filiera, sia nei suoi aspetti organizzativi che nelle dinamiche produttive. Le sfide che attendono il settore hanno bisogno, sempre di più, di luoghi e momenti di confronto che non guardino solo alle singole aziende ma sappiano monitorare l’evoluzione del comparto nel corso di tutta la vigenza del CCNL. I processi di digitalizzazione in corso stanno imponendo con forza il tema dei dati. Tutte le realtà produttive della filiera ormai vivono in maniera significativa intorno alla produzione, gestione ed elaborazione di sistemi capaci di organizzare il lavoro quotidiano, indirizzarlo, indicizzarlo. È un fenomeno ineludibile, che sta permeando di fatto tutta la nostra vita e sarebbe velleitario pensare di tenerlo fuori dai nostri contesti produttivi. – Chiediamo quindi di affrontare il tema in modo organico. Non è più sufficiente limitarsi a gestire le ricadute giuslavoristiche di questi temi. Occorre che il confronto sia strutturato e si basi su specifici momenti informativi/formativi ed altrettanto specifiche figure. Alludiamo alla sperimentazione di veri e propri “delegati” alla gestione dei dati. La pervasività dei sistemi algoritmici impone che al sindacato venga data quanta più contezza sui sistemi utilizzati e sulla gestione dei dati derivanti da tali sistemi. “Contrattare l’algoritmo” non è una profezia che si autoavvera. C’è bisogno di un reale coinvolgimento quotidiano delle rappresentanze sindacali nella conoscenza dei sistemi, di quanto i processi organizzativi e produttivi siano sempre più derivanti da intelligenza artificiale. Su questo tema è necessario un profondo cambio culturale del settore, anche alla luce dei processi di remotizzazione sempre più preponderanti del lavoro, che porti al superamento definitivo di logiche che ancora puntano alla mera definizione della quantità più che alla qualità, in modo che la tecnologia abiliti realmente processi di crescita professionale anche ai fini del miglioramento salariale. Evidentemente le “Commissioni controllo a distanza”, che pure sono state un punto di oggettivo avanzamento della contrattazione del nostro settore, non sono più sufficienti a conoscere e governare un processo che si fa ogni giorno più pervasivo. La forte diffusione di forme ibride/miste di lavoro renderà questo tema ogni giorno più urgente ed attuale; – Chiediamo che in questa rinnovazione si faccia un ulteriore passo avanti sul tema, pure enunciato nel vigente CCNL, dell’attuazione dei diritti sindacali in contesti sempre più “remotizzati” o quanto meno “ibridi/misti”. È un tema delicato e nient’affatto semplice ma gli ultimi tre anni, nei quali si è proceduto in modo disarmonico, ci restituiscono un forte potenziale di partecipazione e coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori a patto che si contrattino regole condivise e strumentazione minima accessibile non solo alle aziende più strutturate ma a tutti gli ambiti della filiera. Bacheche elettroniche facilmente individuabili nei portali aziendali, volte a favorire l’accessibilità alle informative sindacali; – Chiediamo di dare seguito alla costituzione di protocolli di “relazioni industriali” in quei contesti dove non sono presenti o superati al momento di variazioni di aziende/commesse; – Va portato a termine ed inserito nel prossimo CCNL il sistema di certificazione delle attività di CRM-BPO. Il processo di piena occupabilità passa attraverso la creazione di “ecosistemi” produttivi, dove siano la qualità del lavoro e dei diritti a guidare, evitando delle dinamiche che provino ad eludere questi percorsi. Parimenti bisogna arrivare a stabilire il CCNL TLC come contratto di riferimento per le attività di CRM; – Per le attività di appalti di rete bisogna rafforzare ulteriormente il sistema di verifica, tendendo sempre verso forme di continuità occupazionale che diano più esigibilità a quanto stabilito nell’articolo 53 del vigente CCNL. I profondi cambiamenti che potranno derivare a tutto il settore dalle ristrutturazioni societarie nelle maggiori TELCO, porteranno di fatto ad un possibile stravolgimento degli attuali assetti ed equilibri. La rivoluzione in corso sul tema “rete”, per un settore così delicato e fortemente esposto a fenomeni di dumping quando non a vere e proprie irregolarità ed illegalità, necessita dell’introduzione di strumenti di garanzia e continuità occupazionale; – In tema di accesso alle informazioni chiediamo che la percentuale sulla diffusione dei contratti in somministrazione o comunque “atipici” venga data, nelle aziende pluridiffuse, sulle singole unità produttive e non solo sull’intero perimetro aziendale. Conseguentemente quanto stabilito nel art. 17 comma 2 del vigente CCNL dovrà essere dimensionato anche sulle unità produttive; – Il diritto soggettivo alla formazione va quantificato in fase contrattuale, stabilendo una quota minima garantita nell’orario di lavoro di ciascun lavoratore da destinarsi a corsi di formazione specifici stabilendo un pacchetto obbligatorio annuale di ore di formazione strutturale. La formazione va effettuata esclusivamente durante l’orario di lavoro; – Arrivare finalmente alla certificazione scritta dei percorsi di formazione individuale da parte delle aziende. Certificazione annuale della formazione per ogni lavoratore con rilascio di un attestato/riconoscimento della formazione effettuata; – Istituire la figura del “delegato alla formazione” che agisca di concerto con le “commissioni formazione” là dove esistenti; – Prevedere l’obbligatorietà delle comunicazioni necessarie ai fini della certificazione della rappresentanza; – Al fine di rendere il contratto sempre più inclusivo e aperto, anche in un’ottica di valorizzazione della contrattazione inclusiva, va prevista l’istituzione di CPO a livello settoriale incentivandone la diffusione capillare a livello aziendale. Comitati paritetici con funzioni di analisi e proposte di buone pratiche per una “contrattazione di genere”. Leggi l’analisi di quanto avvenuto nel settore negli ultimi anni La fase che si è aperta dopo l’ultimo rinnovo del CCNL è stata caratterizzata da fattori esogeni al sistema che stanno accelerando i cambiamenti organizzativi e socioeconomici legati ai processi di comunicazione. La sempre maggiore richiesta di connettività e di servizi a valore aggiunto nel settore TLC e lo sviluppo sempre più rapido della digitalizzazione, stanno rapidamente trasformando il settore. Queste dinamiche, centrali per le telecomunicazioni, sono fondamentali per lo sviluppo complessivo del Paesse. Questo rinnovo arriva, con chiara evidenza, in una fase politico-economica molto complicata. I mesi compresi fra marzo e giugno del 2020 sono stati un autentico spartiacque organizzativo per tutto il mondo del lavoro e per il settore delle TLC in particolare. Immediatamente prima del provvedimento di chiusura di buona parte delle attività, ed il conseguente confinamento in casa, la diffusione dello smart working, o comunque di forme di lavoro remotizzato di significative ma piccole porzioni della filiera TLC, era davvero ancora confinata a poche migliaia di lavoratrici e lavoratori e pochissime aziende avevano accordi sindacali che contrattavano l’argomento. La stragrande parte delle attività di filiera era considerata come “non remotizzabile”, vuoi per motivi tecnico-organizzativi, vuoi per motivi giuridico-normativi o per vincoli contrattuali. Dal 4 marzo 2020 all’inizio di aprile, il settore e il sistema di Relazioni Sindacali è stato protagonista di uno sforzo davvero unico, sia in termini tecnologici che logistici, che ha portato alla remotizzazione di almeno 60.000 addetti nel settore. Un fenomeno “di massa” che ha notevolmente allargato le quote di lavoro remotizzabile della filiera, ad eccezione di quelle attività che, per evidenti ragioni tecnico- logistiche e per obblighi di continuità di un servizio essenziale, era impossibile remotizzare, pena l’interruzione del servizio stesso. Altresì va colta ed evidenziata la grande disponibilità ed abnegazione di tutte quelle lavoratrici e lavoratori che, nei settori manutentivi a qualsiasi livello, hanno proseguito di presenza a fornire le proprie capacità professionali, in primis nei confronti dei clienti, assicurando alle aziende ed al Paese la continuità dei servizi essenziali e delle comunicazioni. Possiamo dire, senza timore di smentite, che l’emergenza sanitaria ha rappresentato il fenomeno che ha disvelato ad un settore, non sempre al passo con i tempi, gli effetti dei cambiamenti produttivi ed organizzativi legati alla digitalizzazione. Uno shock, quindi, che ha messo in luce i tanti ritardi infrastrutturali, culturali e di competenze digitali del nostro Paese. Dall’agosto del 2020 il settore delle TLC ha saputo reagire interpretando, fra i primi, le potenzialità della remotizzazione di emergenza anche in una prospettiva post pandemica. Ad oggi la stragrande maggioranza delle aziende del settore hanno sottoscritto accordi con le organizzazioni sindacali – SLC CGIL – FISTel CISL – UILCOM UIL – a tutti i livelli organizzativi che sanciscono diritti e regole condivise per forme di lavoro “ibride/miste”, che contemplino diversi gradi di autonomia e remotizzazione con la presenza fisica sui luoghi di lavoro. Con questa rinnovazione contrattuale deve aprirsi una fase che conduca verso un nuovo modello organizzativo che, partendo dalle singole realtà produttive, possa portare l’intero settore in un nuovo paradigma, in grado di cogliere appieno le opportunità della rivoluzione digitale ,non solo con la finalità di una migliore conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro, ma, forse soprattutto, alla ricerca di una dimensione lavorativa capace sempre di più di far emergere l’autonomia dei lavoratori, in contesti lavorativi sempre più professionali ed organizzati al raggiungimento degli obiettivi. Va, pertanto, superata la fase della sperimentazione rendendo strutturali gli accordi di smart-working, respingendo spinte anacronistiche di ritorno al passato. La scelta della separazione delle reti dai servizi, che si sta concretizzando sia in Tim che in WindTre, rischia di mettere definitivamente il settore sulla strada di politiche di corto respiro che, assecondando la folle contrazione delle tariffe quale unica leva della competizione fra aziende, continuano a posizionare buona parte delle attività del settore nella parte bassa della “catena del valore” delle TLC. Una scelta miope perché banalmente la pandemia ha evidenziato ed accelerato processi ineludibili verso i quali il Paese come detto, scontava già forti ritardi. Di contro c’è invece urgenza di un cambio totale di paradigma che, partendo dallo sviluppo delle tecnologie avanzate ed innovative, il 5G ed il 6G, la capillare diffusione del Cloud computing, i Big Data, la Cybersecurity ed i servizi a valore, porti ad un reale cambiamento dei processi organizzativi e produttivi. Il tutto contestualmente accompagnato da una profonda e concreta analisi dei reali bisogni formativi di tutto il settore. Occorre condividere un profondo programma, puntuale e continuativo, di reskilling ed upskillig delle competenze e delle attività per riportare la scala del valore nella parte positiva ed aumentare la redditività del settore, la stabilizzazione occupazionale e la redistribuzione salariale. In questa prospettiva deve emergere il “fattore lavoro” con una maggiore strutturazione e qualità dei contratti, realizzando quel cambio di modello organizzativo indispensabile a ridare al settore la strategicità e l’importanza che merita, rendendolo quindi nuovamente attrattivo. Soprattutto per le parti della filiera a maggior rischio di obsolescenza tecnologica, quando non di vera e propria sostituzione da parte di forme sempre più spinte di intelligenza artificiale, serve aprire un confronto serrato su come gestire la transizione verso attività a maggior valore aggiunto e minor rischio sostituzione, in particolare, per il mondo del CRM-BPO In questi anni molto è stato fatto nel comparto per raggiungere una stabilità lavorativa, ma i processi legati alla digitalizzazione impongono ancora uno sforzo aggiuntivo per reindustrializzarlo. I volumi generalmente in calo e l’abbassamento del valore di parte del lavoro mettono seriamente a rischio la tenuta di molti player del settore. Una logica esclusivamente “difensiva” non risolve i problemi e, soprattutto, è sempre meno sostenibile per i lavoratori interessati. A partire dalla committenza del settore bisogna aprire, già da questa rinnovazione, un confronto fattivo su quali azioni si debbano perseguire per consolidare l’occupabilità di una parte importante degli attuali addetti. Strumenti di “politiche attive” come il “Fondo nuove competenze” affiancate al “Fondo di settore” saranno indispensabili, ma è necessario condividere e realizzare un forte “patto di sistema”, teso a permettere la massima ri-occupabilità possibile delle lavoratrici e dei lavoratori ed il consolidamento dei restanti, al fine di traguardare ad una fase di nuovo sviluppo. Bisognerà agire in raccordo con le istituzioni: parliamo di decine di migliaia di occupati, spesso in zone del Paese in forte difficoltà occupazionale, prevalentemente donne e con una età media complessiva ormai in linea con quella dell’intero settore. Non è più tempo di disperdere fondi pubblici rifinanziando ammortizzatori in deroga, dobbiamo finalizzarli al sostegno del processo di riorganizzazione del lavoro ed alla piena sostenibilità occupazionale, azioni per NOI non più differibili. Parimenti occorre aprire urgentemente un ragionamento serio ed esaustivo sui perimetri contrattuali e sulla certificazione delle aziende che forniscono servizi CRM/BPO. Il settore si è sviluppato in un contesto nel quale la stragrande maggioranza dei committenti appartenevano al comparto delle TLC. Oggi il quadro delle quote di mercato è totalmente cambiato. Le TLC rappresentano meno del 50% del mercato, il resto è costituito da servizi legati al mondo delle Utility (elettricità, gas, acqua), a quello bancario, ai servizi più in generale e in prospettiva, di pari passo con la digitalizzazione, ai servizi della PA centrale e locale. Troppi contratti diversi dal TLC stanno introducendo vincoli di appartenenza anche per il lavoro terziarizzato, per non parlare dei contratti “pirata” nati con l’unico scopo di abbassare diritti e salario. Se a questo aggiungiamo l’impatto delle nuove tecnologie è chiaro che qualsiasi ragionamento sul futuro del CRM, e non solo, non potrà prescindere dall’affrontare questa dinamica partendo dal riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro del CCNL delle TLC quale contratto di riferimento per le attività di CRM BPO. I forti ritardi del Paese in tema di digitalizzazione e diffusione capillare delle nuove reti di telecomunicazione sono drammaticamente emersi in tutta la loro realtà proprio nei mesi più difficili della pandemia. Gli ingenti fondi destinati dal PNNR proprio alla diffusione delle nuove reti rischiano di essere l’ennesima occasione persa per il settore. L’assenza decennale di una politica industriale per il settore delle TLC sta, oggi, mostrando tutti i propri effetti nefasti. Per mesi si è discusso di come arrivare alla realizzazione di una infrastruttura di rete unica che permettesse di evitare inutili duplicazioni e che, soprattutto, fosse capace di superare finalmente il “digital divide” che da decenni nega a milioni di cittadini il diritto ad una connettività di ultima generazione. Il sindacato confederale ha sempre rivendicato un sistema di aziende integrate tra servizi e rete, ma i diversi progetti che stanno provando a realizzare, con la contrarietà netta di questo sindacato confederale, porteranno il settore ad una parcellizzazione che non farà altro che rendere ancor più debole il settore delle telecomunicazioni, rendendolo sempre meno “industriale” e strategico per il paese. Sia nei molteplici e plurali confronti avuti con la “politica” ai vari livelli, che nei confronti con il settore ed a livello aziendale, come sindacato confederale abbiamo chiesto e sostenuto che la priorità sia la difesa degli attuali livelli occupazionali contestualmente allo sviluppo del Paese. Appare sempre più chiaro che da un lato le non scelte politiche e dall’altro scelte manageriali prive di visione industriale, porteranno ad una ristrutturazione profonda anche di questa parte della filiera delle TLC. Il settore delle Telecomunicazioni si trova davanti a molteplici e complesse trasformazioni tecnologiche e digitali, fenomeni che pervadono quasi totalmente la filiera, ed hanno forti ricadute sulle competenze e professionalità presenti in essa. Siamo all’interno di una fase di profondo cambiamento, per il quale dobbiamo essere principalmente impegnati a garantire la massima occupabilità attraverso un profondo intervento di aggiornamento e, spesso, vero e proprio cambiamento delle professionalità e dei lavori. Tutto questo passa attraverso un impegno formativo che dovrà essere senza precedenti. Con l’accordo sul “Fondo di settore” e con il rifinanziamento di strumenti di politica attiva del lavoro quali il “Fondo nuove competenze” si potranno garantire parte degli interventi necessari. Ma non basta. Non siamo più in una fase dove occorre garantire del mero “aggiornamento professionale”, ma sono necessarie politiche formative più corpose e solide che possano garantire significativi avanzamenti delle competenze alle lavoratrici e lavoratori e, contestualmente, riscontri alle stesse aziende. Tutto ciò non può che passare da azioni di RESKILLING ed UPSKILLING alle quali dovranno seguire puntuali certificazioni di questi percorsi formativi. La formazione è certamente uno dei temi centrali e fondamentali del rinnovo di questo CCNL delle TLC. Questi processi andranno accompagnati da un profondo lavoro di ripensamento del sistema delle professionalità contrattuali. È il momento di aprire un ragionamento fattivo su come il CCNL possa essere davvero lo strumento utile a interpretare i profondi cambiamenti in corso, garantendo al contempo pieno rispetto delle professionalità acquisite nel tempo e ponendosi l’obiettivo della massima occupabilità, in un contesto che cambia repentinamente grazie ai processi legati alla innovazione tecnologica ed alla digitalizzazione. Telecomunicazioni
Presentata la piattaforma per il rinnovo del CCNL
Cosa chiediamo
Come siamo arrivati a queste rivendicazioni?
Agli esiti della grave crisi sanitaria si vanno aggiungendo in questi mesi quelli del deterioramento del contesto politico internazionale, che hanno generato la recrudescenza di fenomeni quali l’inflazione, con il conseguente aumento dei prezzi dei beni di consumo.
Il modello di sviluppo del settore delle TLC scelto dal Paese ha prodotto nei fatti uno sperpero intollerabile di capitali. Il settore negli ultimi 11 anni ha bruciato circa 12 miliardi di ricavi. Oggi occorre sicuramente rilanciare la competitività di un comparto strategico e centrale per il Paese ma ciò non può che passare attraverso un innalzamento generale delle professionalità e, conseguentemente, abbandonando una volta per tutte politiche miopi di mera competizione sui prezzi. Questo chiama in causa diversi soggetti. Il sistema delle imprese, che non può più scaricare sui lavoratori il costo della compressione delle tariffe. Il Governo, che invece di aprire finalmente un confronto su un settore che nel resto d’Europa è il volano della ripresa economica e, più in generale, del futuro di società più connesse, più interoperabili e quindi meno diseguali ha deciso di sposare il modello, pressoché unico nel mondo occidentale, della separazione delle reti dai servizi.